Autocannibalismo. Dalla vipera aspis all’uomo.

da | Lug 1, 2021 | Psicologia

Autocannibalismo. Dalla vipera aspis all’uomo.

da | Lug 1, 2021 | Psicologia

E’ stata pubblicata sull’ultimo numero del bollettino della Chicago Herpetological Society, la notizia del primo caso al mondo di autocannibalismo riscontrato in una vipera. la vipera è stata trovata morta, dopo aver ingerito più di un quarto del proprio corpo.  Si tratta di un comportamento con finalità suicida, caratterizzato da autofagia a volte osservato nei rettili ma poco documentato.

Il caso risale al 2014 e riguarda una vipera aspis prelevata dal suo habitat naturale e temporaneamente spostata in un ambiente sicuro a seguito di una segnalazione. La vipera infatti era stata avvistata da diverse persone che ne hanno segnalato la presenza, cosa che ha reso necessario il temporaneo allontanamento. L’intenzione tuttavia era quella di rimetterla in libertà dopo qualche giorno. L’animale invece sarebbe stato ritrovato morto dopo cinque giorni di cattività nell’insolita posizione dell’uroboro, il serpente che si morde la coda e simboleggia la rigenerazione formando un cerchio senza inizio né fine.

Attualmente della vipera ne è garantita la conservazione presso il Museo di Storia Naturale del Salento che ha sede a Calimera (Lecce).

Questo fatto insolitamente curioso in cui un essere vivente mangia sé stesso suscita non pochi interrogativi.

Tale comportamento, con modalità simili, riguarda anche l’essere umano. Il mangiarsi le unghie, mordersi il labbro o le punte delle dita alla ricerca di “pellicine” fastidiose e ancora il mangiarsi i capelli, sono pratiche compulsive che potremmo includere nella categoria di autocannibalismo. Questo comportamento generalmente accade per noia, in momenti stressanti, per alleviare un’emozione negativa in generale. Equivale al cullarsi, all’autocalmierarsi. Quando un bambino piccolo piange lo si culla. Il senso di protezione dato dal contatto con l’adulto placa l’ansia riportando lo stato di allerta/disagio fisico a livelli accettabili. Ebbene nell’adulto il meccanismo è molto simile. L’obiettivo è abbassare il livello di ansia.

Seppure spesso con conseguenze irrilevanti, tali comportamenti apparentemente innocui se esasperati producono effetti indesiderati.

Ed ecco apparire Infezioni oppure disturbi a livello intestinale ad esempio se si ingeriscono capelli. Altri effetti collaterali possono essere: ecchimosi, emorragia, cicatrici, decolorazione della pelle, danni ai nervi, nausea, dolore, ulcera allo stomaco, sangue nelle feci, blocchi o danni al tratto gastrointestinale.

Manifestazioni più eclatanti e meno frequenti del disturbo riguardano invece il consumare parti del proprio corpo o bere il proprio sangue. Senza troppo indugiare siamo in tal caso in presenza di una alienazione della coscienza e di un distacco dalla realtà tipico delle psicosi in generale.

Al di fuori di manifestazioni psicotiche, l’autocannibalismo si presenta anche nella sindrome di Lesch-Nyhan, una rara malattia genetica ereditaria caratterizzata da un deficit dell’enzima ipoxantina-guanina fosforibosiltransferasi (HPRT). Si tratta di una patologia originata dalla mutazione di un gene presente sul cromosoma X.

I segni clinici di tale sindrome emergono solo tra i 3 e i 6 mesi del bambino e si manifestano con un ritardo psicomotorio. A problemi di carattere fisico, in genere, si accompagnano un ritardo mentale lieve/moderato e comportamenti aggressivi e/o autolesionisti. Tra cui l’autosarcofagia. Il bambino può arrivare a mordersi le punte delle dita fino a farle sanguinare. La caratteristica di questa malattia è che chi ne è affetto tende a produrre danno a sé stesso.

 

“La guarigione dalla nevrosi e dalla psicosi esige una diversa educazione del paziente, la correzione dei suoi difetti e il suo ritorno definitivo in seno alla societàumana, senza riserve.”

ALFRED ADLER

Leggi gli altri articoli

Il disturbo da accumulo

Il disturbo da accumulo

Del disturbo di accumulo se ne sente parlare con maggiore frequenza. Una conseguenza della pandemia oppure gli si dedica maggiore attenzione clinica? Probabilmente nessuna delle ipotesi esclude l’altra. Se n’è parlato nell’intervista con la giornalista Cristina Mariani del Quotidiano.net.