L’aggravante della crudeltà nell’omicidio di Giulia Cecchettin: sentenza indegna e tanto disgusto.

di Nadia Bruno

<<…Le 75 coltellate sono frutto dell’inesperienza di Filippo Turetta, non sussiste né la crudeltà né lo stalking ad aggravare la posizione del giovane omicida ma solo la premeditazione…>>. “Sentenza indegna” … cosi l’opinione pubblica e i familiari della vittima, definiscono il verdetto del 9 Aprile 2025 da parte della Corte d’Assise di Venezia nella udienza di primo grado di giudizio sul caso di Giulia Cecchettin, a carico dell’ex fidanzato, Filippo Turetta di 23 anni di età, già condannato il 3 Dicembre scorso all’ergastolo.
Il caso dell’omicidio di Giulia Cecchettin avvenuto 11 novembre del 2023, a Fossò in provincia di Venezia e vicino Padova, è stato certamente uno dei casi più rinomati degli ultimi tempi e con una risonanza mediatica senza eguali sia per la ferocia con cui è stato eseguito il crimine, ad opera del reo-neo confesso Filippo Turetta appena 23 enne di età, ma anche e soprattutto perché ha messo in evidenza nell’intero panorama criminologico italiano e presso l’ opinione pubblica, un fenomeno davvero incalzante e allarmante negli ultimi tempi, ossia quello del femminicidio tra i giovani appena usciti dalla adolescenza ; dunque dell’amore malato , ossessivo anche tra i giovani , nulla a che vedere dunque con le commoventi e tenere scene dell’amore sano e genuino del celebre film il Tempo delle mele . Nel caso di Giulia Cecchettin, una ragazza nata a Padova, di 22 anni di età, il fatto di avere deciso di mantenere una relazione da “soli amici” con il suo ex, e di continuare a incontrarsi anche se raramente, è stato incontrovertibilmente un grosso errore, una leggerezza dell’età, che gli è costata cara la sua stessa vita. Filippo Turetta infatti, come emerso dalle indagini, facendo leva sula bontà d’animo della sua ex fidanzata (in particolar modo nel periodo antecedente al femminicidio), l’aveva più volte già intimata di compiere gesti estremi quali il suicidio, se lei si fosse rifiutata di vederlo almeno sporadicamente. Dunque, è incontrovertibile il fatto che, la morte di Giulia Cecchettin è da considerarsi solo il tragico epilogo di una lunga condotta morbosa e ossessiva (oltre che dipendenza) da parte di un giovane (oserei dire “problematico”), verso una ragazza che non si sentiva più di tornare con lui, in quanto considerava il loro fidanzamento troppo soffocante. Turetta si era infatti manifestato sempre troppo geloso, intollerante della libertà e autonomia che Giulia man mano stava acquisendo. La ragazza in sostanza non ne poteva più di essere vittima del suo persistente controllo. Ritornando poi al verdetto della sentenza del 9 Aprile del 2025, cosi i giudici della Corte d’Assise di Venezia si sono pronunciati:
“Non è un caso che si ritiene che l’aver inferto 75 coltellate non sia stato per Turetta un modo per infierire con crudeltà o per fare scempio della vittima, ma conseguenza dell’inesperienza e dell’inabilità “.
Cosi i giudici spiegano, la scelta di non riconoscere l’aggravante della crudeltà sull’imputato Filippo Turetta. Inoltre chiariscono ancora: “il numero delle coltellate inferte alla vittima fu cagionato semplicemente per semplice <> è dunque non imputabile ad una mera volontà dello stesso di infliggere sofferenza gratuita o ulteriore sulla vittima “. Dunque, stando alla giurisprudenza, l’aggravante della crudeltà è meramente legata con la volontà del reo di infliggere alla vittima ulteriori sofferenze, che non è stata poi riconosciuta secondo il c.p. a Filippo Turetta. In sostanza, gli atti che danno luogo a questa aggravante, devono essere necessariamente diretti contro una persona “viva” in grado di soffrire ulteriormente per l’azione crudele e non contro una persona morta. In altre parole, per i giudici non è il numero dei colpi a determinare il riconoscimento della crudeltà ma l’intenzione con cui sono stati inflitti. Filippo Turetta era consapevole del fatto che Giulia non sarebbe mai voluta più tornare con lui a causa dei suoi atteggiamenti morbosi e ossessivi, dunque l’atto omicidiario è stato mosso dal suo possesso verso la ragazza e dalla rabbia di non poterla più riavere come prima, ossia da fidanzata. Turetta è stato mosso da una rabbia omicida nella celebre formula – O sei mia o di nessuno!!!-. Inoltre, se Giulia fosse tornata con lui, il femminicidio non si sarebbe mai consumato secondo gli inquirenti. E inoltre, spiegano ancora una volta i giudici: “l’imputato ha aggredito Giulia attingendola con una serie di colpi ravvicinati, portati in rapida sequenza e con estrema rapidità, quasi alla cieca “.
Si tratta solo dunque di “inesperienza da omicida “, -spiega la Corte d’Assise di Venezia – “non si tratta di sadismo vero e proprio. Turetta non voleva infliggere ulteriori sofferenze alla vittima oltre il limite della compiutezza dell’atto omicidiario in sé”-. In particolare , l’aggravante della crudeltà viene riconosciuta dal nostro sistema giuridico italiano, secondo art. 61, n. 4 c.p. : quando in circostanza soggettiva l’imputato abbia manifestato la volontà di infliggere ulteriori patimenti e sofferenze alla vittima che vanno oltre il limite necessario per la compiutezza dell’atto criminoso voluto (ossia cagionare la morte ) , produrre dunque ulteriori patimenti e sofferenze ulteriori o gratuite ,non connesse a quanto strettamente attiene all’esecuzione del crimine in sé , bensì dovute ad una particolare cruenza e sadismo manifestato. In sostanza, il nodo cruciale della questione si snoda dunque sulla contrapposizione tra l’interpretazione contenutistica del codice penale a riguardo della aggravante sulla crudeltà (e di cui i giudici sono costretti ad attenersi, in qualità del loro ruolo) e ciò che invece l’opinione pubblica interpreta e percepisce nella sfera della crudeltà, e dunque nel suo “modo di sentire” ciò che è definibile come “crudele”. -Ma come non si fa a dire che 75 coltellate ad una povera ragazza non sono una crudeltà? -. Dunque pare ovvio che il verdetto della sentenza del 9 Aprile abbia spinto verso un inevitabile polverone mediatico, animando gli animi e generando tutto lo sdegno, la protesta e l’indignazione presso l’opinione pubblica, facendo emergere notevoli discronie tra l’applicazione della legge e il comune sentire del popolo italiano. Il nocciolo della questione a riguardo del tema dell’aggravante sulla crudeltà del caso di Giulia Cecchettin, si racchiude proprio in questa funesta contrapposizione. I giudici sostanzialmente si sono limitati solo a rispettare il contenuto del codice penale non considerando in un panorama più vasto che tale aggravante già di per sé si inserisce (almeno simbolicamente) dentro un reato da considerarsi già di per sé crudele, specialmente se si considera, l’efferatezza e la brutalità con cui è stato compiuto. Sta di fatto che i 75 fendenti inferti da Turetta sulla giovane ragazza, è impossibile per il popolo italiano (e non solo), non considerarli come un atto omicidiario crudele, ma per la Procura di Venezia il discorso è ben diverso. Bisognerebbe tra l’altro che il legislatore intervenisse ad estendere la materia sul tema e i suoi contenuti riguardo il riconoscimento della aggravante sulla crudeltà, proprio onde evitare questi apogei mediatici, in modo tale da rendere meno opinabile i verdetti, e inasprendo critiche e il disgusto generale.

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