La procura sollecita in appello l’audizione di ben 44 persone tra cui testimoni e consulenti tecnici, nuova perizia di Ingegneria robotica e analisi dei frammenti di legno trovati sullo scotch che avvolgeva la testa della vittima”
Di Chiara Arnaboldi
Il 1° Giugno del 2001 ad Arce, in provincia di Frosinone, una ragazza di nome Serena Mollicone fu assassinata e ritrovata ben due giorni dopo nel boschetto di Fontecupa, nel territorio di Fontana Liri.
Mani e piedi legati da fil di ferro, naso e bocca stretti da un nastro adesivo e il capo avvolto da un sacchetto di plastica dove vi era una ferita sotto l’occhio sinistro, così venne ritrovato il corpo della diciottenne.
Tanti anni dopo venne riaperto il caso, le indagini vennero indirizzate sulla famiglia Mottola: il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, allora comandante della Stazione dei Carabinieri di Arce, il figlio Marco e la moglie Annamaria con l’accusa di omicidio. Al luogotenente Vincenzo Quatrale, che faceva sempre servizio nella stazione, venne contestato il concorso in omicidio ed infine l’appuntato Francesco Suprano venne indagato per favoreggiamento.
Il giorno 15 Luglio 2022, dopo un processo molto discusso, fu pronunciata la sentenza di primo grado dove vennero assolti tutti e 5 gli imputati per mancanza di prove. La procura e la parte civile fecero ricorso contro il verdetto perché non erano state prese sufficientemente in considerazioni le dichiarazioni del Brigadiere Santino Tuzzi. Il militare si tolse la vita il giorno 11 Aprile 2008 ma prima di farlo rilasciò delle dichiarazioni alla Procura di Cassino che confermarono la presenza di Serena all’interno della caserma di Arce il giorno dell’omicidio.
Il 26 Ottobre 2023 la Corte d’Assise di Roma, accogliendo le richieste, ha quindi deciso di riaprire il processo per mettere luce a questo caso giudiziario ancora irrisolto dopo ben 23 anni.
La Corte d’Assise d’Appello riparte dalla parte scientifica con l’audizione dell’anatomopatologa forense Cristina Cattaneo, consulente della procura e il chimico analitico luogotenente del RIS, Rosario Casamassima.
Le tracce rinvenute dai carabinieri del RIS sui nastri adesivi che avvolgevano il capo di Serena sono 139, tra residui di vernice e di legno, ogni traccia è stata catalogata in un fascicolo fotografico di 450 pagine, 28 di queste sono compatibili con la porta dell’appartamento dei Mottola che si trovava all’interno della caserma e che presentava un danneggiamento compatibile con un urto causato dalla testa di Serena.
Un’ulteriore scoperta è la presenza di ferro sugli indumenti della ragazza e non sulle suole delle scarpe questo fa dedurre ai periti che il corpo è stato trasportato in posizione orizzontale e l’omicidio non è avvenuto nel luogo del rinvenimento del cadavere.
Altre tracce interessanti, rivenute grazie all’attività del RIS, sono state rinvenute a distanza di anni sui capelli della ragazza: «Su 24 tracce ritrovate sul nastro che chiudeva alla base il sacchetto di plastica che avvolgeva il capo si Serena, tre erano costituite da legno e colla», ha illustrato alla Corte Casamassima.
L’impatto con la porta della caserma ha lasciato, su Serena, tracce di un legno trattato, non rinvenibile nel bosco dove è stato trovato il corpo con la presenza della resina dovuta al trattamento del legno e rinvenuta sul nastro si rafforza la tesi dell’accusa dove il corpo è stato avvolto all’interno della caserma e poi trasportato nel boschetto.
A confermare questa tesi anche Elena Pilli, botanica Forense, chiamata durante la quinta udienza del primo processo ai Cassino, dove afferma la piena compatibilità tra i frammenti di legno trovati sullo scotch che avvolgeva la testa della vittime e la porta rotta, dei 19 micro frammenti analizzati sei sono compatibili con il legno della porta ed altri 6 sono definiti parzialmente compatibili con tale struttura. Una traccia rinvenuta nei capelli di Serena la dottoressa Pilli la definisce compatibile per l’0,88% con il legno della porta del bagno che sia la Procura generale ritiene sia stata utilizzata per l’omicidio.
La dottoressa Cattaneo, in questa Corte D’Assise D’Appello espone alla giuria i rilievi svolti sul corpo di Serena dopo la riesumazione del cadavere nel 2016, ragionando sulla colonizzazione delle larve presenti sul corpo in modo tale da rispondere al quesito dell’orario della morte, confermando l’ipotesi della procura dove il decesso avvenne tra le 13.30 del primo giugno e le 20 della sera stessa.
Durante la sua deposizione parla anche della causa di morte che fu provocata in primis da un trauma cranico ma ciò che diede l’esito fatale fu la trascuratezza degli effetti del trauma e l’imbavagliamento della ragazza nei momenti successivi, provocando un’asfissia.
Durante la quarta udienza, viene ascoltato invece il consulente della difesa Giorgio Bolino, medico legale, che illustra una ricostruzione diversa: «Serena non ha urtato contro un corpo piatto. Se la ragazza avesse urtato contro la porta avremmo trovato lesioni cutanee ed alla mandibola”. Il medico legale inoltre spiega che la giovane aveva 3 fratture composte e se ci fosse stato l’urto con la porta, le fratture dovevano essere scomposte. Sottolinea, tra l’altro, la mancanza di segni di colluttazione e segni di sollevamento e afferramento.
La prossima udienza, davanti la Corte d’Assise Appello, è fissata per il 24 gennaio, le audizioni continueranno con le deposizioni dei consulenti della parte civile, il generale Luciano Garofalo, la criminologa Roberta Bruzzone e il medico legale Luisa Regimenti.
Il 30 gennaio verranno ascoltati i consulenti dei Mottola, dopo di che la corte d’appello deciderà se proseguire ascoltando i testimoni definiti laici.
Una battaglia all’ultima perizia.