di Biancamaria Massaro
Qualcuno sta esagerando
con la sua passione
per i film dell’orrore.
Scream, 1996
Il 6 marzo scorso è uscito nelle sale italiane il sesto capitolo della fortunata e longeva saga cinematografica di “Scream”, ideata dal regista Wes Craven.
Non voglio parlare però di quanti assassini diversi si nascondono stavolta dietro la maschera di Ghostface, che richiama il celebre quadro “L’Urlo” di Munch, ma del serial killer realmente esistito che ha ispirato Craven per creare il personaggio: l’americano Danny Rolling, noto come lo Squartatore di Gainesville.
Daniel Harold Rolling (26 maggio 1954 – Starke, 25 ottobre 2006) durante l’ultimo weekend di agosto 1990 ha ucciso barbaramente 5 studenti che dormivano nel campus universitario di Gainesville: Sonja Larson (18 anni) e Christina Powell (17) nella notte tra il 23 e il 24 agosto; Christa Hoyt (19) il 25 mattina, verso le 11:00; infine, Tracy Ines Paules, (23 anni) e Manuel Taboada (23) nella notte tra il 26 e il 27. Quest’ultimo, l’unico maschio, è stato eliminato subito perché “colpevole” di trovarsi nel momento e luogo sbagliati. Rolling, infatti, era interessato solo alle ragazze e non le ha fatte morire in modo rapido, tanto che forse non si è nemmeno reso conto di quando sono morte mentre le stuprava e torturava. Ha poi lasciato i loro corpi in pose che le denigravano e che avrebbero impressionato chi li avrebbe trovati.
Si è accanito soprattutto con il cadavere della Hoyt. Quando gli agenti di polizia si recarono a casa sua perché non si era presentata al lavoro, pur sapendo cosa era stato fatto a Christina Powell e Sonja Larson, non erano preparati a quello che avrebbero visto: in bagno le pareti e il pavimento erano ricoperti di schizzi di sangue, mentre su uno scaffale della libreria della camera da letto Rolling aveva sistemato la testa della padrona di casa in modo che sembrava guardarli, ancora terrorizzata. Il resto del corpo, buttato su una sedia come un vestito sporco, era stato sventrato dallo sterno all’osso pubico, mentre i capezzoli erano stati abbandonati sul letto. Uno specchio era stato rotto e i sui pezzi, sparsi per tutta la stanza, ripetevano la scena all’infinito, rendendo impossibile girare lo sguardo altrove e sfuggire a tanto orrore.
Se pensiamo che “Il silenzio degli innocenti” sarebbe uscito solo l’anno dopo, si può capire che l’opinione pubblica e nemmeno i poliziotti, soprattutto di una cittadina tranquilla e sede di un campus universitario come Gainesville, erano abituati a tanta efferatezza e a una scena del crimine così “cinematografica”. Durante il processo uscirono i particolari peggiori e Craven ne rimase colpito. Rolling non usava una maschera iconica, tuttalpiù un passamontagna nero, ma al regista serviva un escamotage per una coppia di assassini che agissero come fossero uno – in modo che l’altro a turno poteva essere visto altrove mentre avvenivano i delitti, perciò insospettabile – così creò Ghostface.
Le influenze tra realtà e cinema in questo caso non si fermano qui: Rolling, infatti, al processo dichiarò che i suoi delitti gli erano stati ordinati dalla sua “parte cattiva” che chiamava Gemini. Una parte cattiva che allo stesso tempo faceva parte di lui e si manifestava come un essere malvagio. Un demone che nei giorni precedenti ai delitti aveva visto ripetutamente nelle sale cinematografiche per sfuggire alla calura estiva nell’ultimo capitolo de “L’Esorcista”, uscito il 17 agosto del 1990.
Come ricordiamo tutti, un tormentato padre Karras era precipitato giù per le scale nel primo film (1973), rompendosi l’osso del collo. Nel terzo capitolo, molto meno noto, Kinderman, un poliziotto che era stato amico del sacerdote, deve occuparsi quindici anni dopo di alcuni omicidi piuttosto inquietanti. A compierli sembra che sia stata la stessa mano, un criminale che si ispira in modo impressionante a quelli di un altro serial killer, soprannominato Gemini, morto sulla sedia elettrica proprio mentre padre Karras perdeva la vita. Come se non bastasse, c’è pure un uomo rinchiuso in un ospedale psichiatrico che asserisce di essere posseduto da Gemini e assomiglia a padre Karras. Per sua bocca, Gemini rivela a Kinderman di essere uno spirito malvagio che si diverte a far commettere crimini immondi a tutti coloro di cui, di volta in volta, controlla la mente e le azioni.
Nella realtà, Rolling affermò la stessa cosa: è stato Gemini a costringerlo a uccidere, tanto che un suo delitto richiama un episodio del film dove una vittima viene decapitata e fatta pezzi, come accaduto a Christa Hoyt. Il suo avvocato al processo cercò perciò di fargli avere l’infermità mentale e farlo rientrare nella categoria dei serial killer visionari; anche gli psichiatri chiamati dall’accusa ammisero che soffriva di un forte disordine di personalità e che dimostrava la maturità di un quindicenne, ma era “perfettamente in grado di intendere e di volere” mentre massacrava le sue vittime, perciò la giuria il 20 aprile del 1994 lo ha condannato a morte per ben cinque volte, una per ogni delitto commesso.
Per toglierci ogni dubbio su Gemini e di quanto abbia davvero ispirato gli omicidi, Rolling a poche ore dalla sua esecuzione ha confessato il massacro della famiglia Grissom, avvenuto il 4 novembre 1989 a Shreveport, molto prima che uscisse il film che lo vede protagonista: William Grissom di 55 anni, sua figlia Julie di 24 e il nipote Sean di appena 8. Al massimo, si può affermare che Rolling abbia copiato dal film qualche idea per realizzare le sue fantasie.
Da notare che Gemini a sua volta si ispira a Zodiac, un serial killer che ha agito a fine anni Sessanta, uccidendo dalle 7 vittime accertate alle 37 di cui si è vantato nelle lettere che ha inviato alla stampa. La sua identità rimane sconosciuta, anche se nell’ottobre del 2021 alcuni investigatori hanno concluso che dietro agli omicidi si nascondesse un certo Gary Francis Poste, un ex membro dell’aeronautica statunitense, deceduto nel 2018.
Abbiamo perciò il serial killer protagonista di una serie di film (Ghostface) che ne ha ispirato uno reale (Rolling) che in parte si è lasciato a sua volta ispirare da un demone cinematografico (Gemini) che ricalca le gesta malvagie di uno reale (Zodiac). Come se non bastasse, nel gennaio 1998 Mario Padilla (16 anni) e il cugino, Samuel Ramirez (14), accoltellano la madre di Mario, Gina Castillo, per 45 volte, uccidendola. Sebbene al processo fu vietato di citare il nome del film, i due cugini dissero di essere stati ispirati da Scream; il furto seguente all’omicidio di Gina sarebbe servito per procurarsi il denaro necessario a comprare due vestiti di Gostface, un apparecchio per il camuffamento della voce – lo stesso usato dagli assassini nel film – e le armi necessarie per commettere una serie di omicidi. Durante il loro processo, la psicologa Madeline Levine che ha studiato gli effetti della violenza sui bambini, ha dichiarato: “Ci sono stati un sacco di ragioni per le quali hanno agito in quel modo. Ma di fatto il film fornisce un modello? Assolutamente”. Mario, infatti, avrebbe detto più volte “voglio uccidere e voglio farlo con gli abiti di Scream”.
Il 17 gennaio del 1999 Ashley Murray (13 anni) è stato accoltellato più volte alla testa e alla schiena, prima di essere lasciato perché dato per morto dai suoi “amici” Daniel Gill, (14) e Robert Fuller (15). Nelle loro camere sono stati trovati disegni e materiale riguardanti Scream, motivo per cui son stati soprannomatati Scream attackers, mentre Padilla e Ramirez Scream killers.
Nel 2001, in Belgio, Jaradin Thierry ha assassinato la quindicenne Alisson Cambier con 30 coltellate. Era mascherato da Ghostface.
Anche le vicende dei due giovani innamorati assassini Natural Born Killers – la pellicola diretta da Oliver Stone e scritta almeno nella prima versione da Quentin Tarantino e uscita nel 1994 – si ispirano probabilmente a un caso vero, quello del dicannovenne Charles Starkweather, fan di James Dean, e della sua fidanzata quattordicenne Caril Fugate, che hanno ucciso 11 persone tra il dicembre del 1957 e il gennaio del 1958, inclusi i genitori di lei e la sorellina di due anni, accoltellata da Charles. Catturati, lui morì sulla sedia elettrica, mentre lei uscì di galera dopo 17 anni.
il film a sua volta avrebbe influenzato alcuni giovani a commettere rapine e omicidi. Una delle vittime era amico dello scrittore John Grisham che intentò una causa contro il regista, sostenendo la seguente tesi: un film è un prodotto dell’ingegno umano, non diverso da un’automobile o una protesi al silicone; come i fabbricanti di auto poco sicure o di protesi che creano reazioni allergiche sono tenuti a rifondere i danni arrecati dai loro prodotti, così registi, produttori e sceneggiatori di film come Natural Born Killers dovrebbero rispondere dei crimini ispirati dalle loro opere. La libertà di espressione in tribunale fu giudicata più importante dell’effetto devastante che un film simile poteva avere sulla psiche di individui fragili e instabili, perciò Grisham perse la causa. Due anni dopo ottenne una piccola vendetta: quando la Warner Bros. cercava un attore per la trasposizione cinematografica da un suo libro, Il momento di uccidere, venne proposto Woody Harrelson. Dato che l’attore aveva recitato in Natural Born Killers, lo scrittore – che era stato incaricato di selezionare il cast del film – scelse al suo posto Matthew McConaughey.
Nathan K. Martinez, quando aveva solo diciassette anni ha ucciso la matrigna e la sorellastra mentre dormivano nell’ottobre del 1994, dopo aver visto il film dozzine di volte. Si era rasato i capelli a zero per somigliare di più al protagonista.
Sembra che anche Eric Harris e Dylan Klebold, i responsabili del massacro della Columbine High School, fossero fan sfegatati del film. Non si quante volte abbiano visto il film. Di sicuro firmavano le loro minacce con NBK, l’acronimo di Natural Born Killers; scrivevano cose come “Dio, non posso aspettare che muoiano. Posso gustare il sangue adesso – NBK” e “Il mattino sacro dell’Aprile di NBK”. Ricordiamo tutti come si concluse la vicenda: la stima finale delle vittime fu dodici studenti uccisi più un insegnante e un paio di dozzine di altri studenti feriti, senza contare il doppio suicidio degli autori della strage.
Quelli di cui ho parlato sono solo alcuni esempi di come a volte fantasia e realtà si suggestionano a vicenda. Dobbiamo perciò accusare il cinema di creare degli assassini? Rispondo, riportando una frase del film Scream: “I film non creano psicopatici, i film rendono gli psicopatici solo più creativi”. Tranne per alcuni casi clinici, siamo perciò tutti responsabili delle nostre azioni, anche se siamo rimasti colpiti da alcuni film, particolarmente cruenti.