Tutto comincia il 9 aprile del 1981. Roberto, diciannovenne complicato, non ne può più dei rimproveri della amata-odiata madre Marisa. Rientra alle 21.30 e lei subito su, che lui aveva fatto tardi per la trecentesima volta. “E’ questa l’ora di rientrare?”. Marisa si mette ai fornelli, ma la lite sale di tono. Roberto prende uno dei suoi coltelli, è esasperato. Entra in cucina e mostra l’arma. Se la punta al cuore, dice che s’ammazza. Vuole spaventarla a morte, lei si aggrappa al braccio, gli dice di non farlo, lui non molla l’arma, sono troppo vicini, allora ha un istinto: pugnalarla in pancia. Succede tutto troppo facilmente, si entra subito, è morbido. Lei urla di terrore, poi un secondo colpo per farla tacere, poi altri per far tacere le urla di prima, alla fine la cucina è un mattatoio e Marisa è morta. Invece no, ci vuole un colpo di picozza alla nuca per finirla. E adesso? No, no è morta. Affoghiamola nella vasca da bagno. Quando il padre Nazario, agente di polizia, torna, verso mezzanotte, per Roberto è chiaro che non c’è altra scelta che ucciderlo. Troppo complicato spiegare, proprio a lui, quello che era successo. Il coltello fece ancora una volta la sua parte.
Ma c’è troppo sangue e troppo continua a uscirne. Roberto trascina i due corpi nella vasca da bagno. Apre l’acqua. L’odore del sangue però non se ne va, fa vomitare. Pensa alla fuga. Prepara l’occorrente, tra cui costumi da bagno, fionda, cibo, la pistola di Nazario, occhiali da sole, lamette da barba. Prende l’auto di Nazario e se ne va dagli zii a farsi una doccia. Lo prenderanno i carabinieri, non dopo aver lottato con lui e aver evitato che sparasse loro addosso.
Roberto Succo è questo: un cavallo pazzo.
Schizofrenico paranoide, è un serial killer all’esordio, ma questo non lo sa ancora nessuno. Totalmente infermo di mente, rinchiuso in OPG, evade perché gli psichiatri gliene danno la possibilità. Prende letteralmente il primo treno a Reggio Emilia e finisce in Francia. Vive ai margini. Prende a rubare nelle case, fa quello che vuole, ammazza, violenta, spara alla polizia, picchia, prende auto, lo cerca la polizia francese, quella svizzera, ma è quella italiana che lo arresta di nuovo nel 1988. Ha ucciso 4 persone, ha sequestrato, ha violentato.
Lo rimettono in OPG, fugge sui tetti, fa uno show, cade, si rompe ossa, lo rimettono in cella, si suicida pur di non restare tra 4 mura. Una storia di sangue, brutta, quella di un serial killer transnazionale come pochi. Ma ora è morto e allo scadere del tempo di inumazione, nessun parente ne ha voluto le ossa. Di Roberto Succo non resta più nemmeno un loculo.