Quando scegliere la serenità è un ossimoro: essere depressi e apparire felici.

da | Nov 19, 2022 | Psicologia

Quando scegliere la serenità è un ossimoro: essere depressi e apparire felici.

da | Nov 19, 2022 | Psicologia

Sembra un controsenso eppure accade. Amci, parenti, conoscenti sarebbero pronti a giurare che il loro “caro” sia felice, abbia una quotidianità soddisfacente, sia in procinto di mettere in pratica progetti e abbia novità “dietro l’angolo” pronte a dare una svolta alla propria vita. Insomma, il prototipo della felicità. Apparire è ben diverso dall’essere e in una società dove l’apparire conta molto di più dell’essere ci si conforma, seppure a fatica, all’immagine che gli altri vogliono che si abbia.

Umore: “un’atmosfera emotiva pervasiva e durevole”.

Sembra quasi rassicurante come definizione ed effettivamente lo è quando l’umore è flessibile adattandosi agli eventi della quotidianità senza eccessi e potendo così apprezzarne la pervasività e la durata nel tempo. Diverso è quando invece è caratterizzato da rigidità e non varia al variare delle circostanze. Ebbene, quando si sente parlare di depressione, spesso ci si figura una persona di umore deflesso che presenta bassa autostima; difficoltà di concentrazione o nel prendere decisioni; sconforto, irritabilità; insonnia o ipersonnia; astenia; scarso appetito o iperfagia. Sono tutti sintomi dello spettro depressivo ma di gravità inferiore e di maggiore durata rispetto a quelli della depressione maggiore. Nel DSM 5 viene definita come disturbo depressivo persistente.

Un altro versante sul quale l’umore può assestarsi è quello maniacale, diremo un tono dell’umore espanso e piuttosto irritabile. Si presentano sintomi come:

  • autostima ipertrofica o grandiosa,
  • diminuito bisogno di sonno,
  • maggiore loquacità o continua spinta a parlare,
  • fuga di idee o pensieri che si susseguono molto rapidamente,
  • distraibilità riferita o osservata, aumento dell’attività finalizzata (sociale, lavorativa, scolastica o sessuale),
  • eccessivo coinvolgimento in attività che hanno alto potenziale di conseguenze dannose (acquisti incontrollati, comportamenti sessuali sconvenienti o investimenti finanziari avventati).

L’umore può invece scivolare sull’asse timico anche oscillando dal depresso al maniacale e quando queste due manifestazioni del tono umorale si alternano in maniera tale da indurre un disagio clinicamente significativo oltre ad una compromissione del consueto funzionamento della persona, allora siamo in presenza di un disturbo bipolare oppure di un disturbo ciclotimico secondo la diagnosi clinica. L’umore in questi casi è caratterizzato dall’alternanza tra momenti di mania o ipomania e depressione.

Il felice depresso è un ossimoro che inganna.

A volte però la depressione non si manifesta in maniera palese e difficilmente “a prima vista” ci si rende conto della sofferenza dell’altro. Come abbiamo accennato, a volte l’irritabilità e l’intolleranza da parte della persona depressa sono manifestazioni che si inseriscono in un quadro maniacale oppure il disagio si manifesta attraverso disturbi e sintomatologie organiche: il dolore alla gamba, alla schiena, alla testa, la stanchezza…insomma, è palese ad un occhio oggettivo che il fisiologico declino delle prestazioni fisiche non possa essere imputato all’età…Soprattutto se drastico e si manifesta in soggetti giovani. Si parla di depressione mascherata quando è spesso legata a disturbi da somatizzazione.

Il verificarsi di uno più cambiamenti significativi nella vita della persona quasi sempre precipita il malessere soprattutto se richiede un lavoro faticoso di “gestione psicologica” (un lutto, un trasloco, una relazione faticosa, un cambiamento lavorativo a seguito di una perdita di interesse per quello in cui ci si è per lungo tempo impegnati…).

In presenza di tristezza, di un senso di inadeguatezza e fragilità e altri vissuti tipici della depressione, con grande impegno di risorse psicologiche la persona può tuttavia funzionare come se tutto andasse realmente bene. Sono casi al limite del patologico. Casi in cui la parvenza di “normalità” ha la precedenza sul permettersi di accettare ed esprimere il proprio vissuto. Il sorriso è di circostanza e tutto va avanti perché così dev’essere. Casi in cui alla domanda “come stai?” con il sorriso si risponde “tutto bene” mentre dentro le emozioni sono tutt’altro che positive.

Le questioni evitate sono polvere sotto il tappeto che prima o poi verrà smosso

Il rischio risiede nella manifestazione atipica del fenomeno che non consente una precoce identificazione del malessere favorendone così il suo protrarsi nel tempo fino a diventare parte integrante della quotidianità di chi ne è portatore. L’incontrollabile concatenazione di pensieri con valenza negativa, l’ipersensibilità alle critiche e la propensione all’evitamento di situazioni socialmente imbarazzanti sono tratti di personalità che sembrerebbero favorire il manifestarsi di una “depressione sorridente” (termine coniato dalla Dr.ssa Olivia Remes -University of Cambridge).

In alcuni casi la persona tenta di sfuggire al dolore psicologico di una condizione di malessere profondo fingendo la serenità poiché vive nel timore di essere considerata debole e vulnerabile se all’esterno si mostra con le proprie difficoltà soprattutto se ha l’intima consapevolezza di aver fatto scelte sbagliate trasportata da un illusorio entusiasmo.

Nonostante tutto sembri insormontabile e pesante la strada del cambiamento è sempre percorribile. Gradualmente, quando il dolore sarà tale da non poter essere più negato si aprirà la possibilità al cambiamento come alternativa ad una accomodante “depressione sorridente”.

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