Sono uscite in questi giorni le motivazioni della sentenza Vannini, nella quale Antonio Ciontoli è stato condannato per omicidio volontario con “dolo eventuale”, mentre la moglie e i due figli a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario. Ma cosa significa il “dolo eventuale”?
Ciontoli al momento dello sparo aveva intenzione di uccidere Marco Vannini? Sicuramente no. Però dopo l’evento sparo ha “previsto ed accettato” che le conseguenze della sua condotta potessero causare l’evento morte.
La Suprema Corte:
“Tutti si preoccuparono subito della presenza del proiettile ancora nel corpo di Vannini, tutti ebbero immediata cognizione di tale circostanza e tuttavia nessuno si attivò per allertare tempestivamente i soccorsi, fornendo le informazioni necessarie a garantire cure adeguate al ragazzo ospitato nella loro abitazione e che, sino a quella sera, avevano trattato come uno di famiglia. Eppure Vannini si era lamentato per il dolore, aveva invocato aiuto e lo aveva fatto in modo talmente forte che le sue urla erano state distintamente avvertite dai vicini di casa e registrate nelle conversazioni telefoniche con gli operatori del 118”.
Il primo elemento importante è dunque la consapevolezza dell’evento, del colpo d’arma da fuoco esploso.
Ma la configurazione dell’evento doloso avviene con l’accettazione del rischio da parte di Ciontoli, che è l’elemento caratterizzante della fattispecie delittuosa. Una accettazione, come riportano gli “Ermellini”, “caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto, sicché appare del tutto irragionevole prospettare, come fa la difesa, che egli avesse in cuor suo sperato che Marco Vannini non sarebbe morto”.
È l’accettazione del rischio (insieme a una prevedibilità degli eventi) che differenzia il “dolo eventuale” dalla “colpa cosciente”.
Non stiamo parlando di cose da poco perché Ciontoli, se gli fosse stata attribuita la “colpa cosciente”, avrebbe avuto una pena di circa 6 anni.
Entrambe le fattispecie criminose hanno un medesimo presupposto: che il soggetto agisca senza il fine di commettere il reato.
Nel caso di dolo l’autore, però, compie delle azioni con la filosofia del “costi quel che costi”, accetta cioè il rischio che possa accadere l’evento.
Facciamo un esempio. Un tizio decide di andare, in automobile, ad una velocità sostenuta attraverso un centro abitato. È cosciente che delle persone potrebbero attraversargli la strada in maniera improvvisa ma non gli importa, l’evento morte del pedone è previsto ed accettato dal guidatore. Nel caso succedesse ci troveremmo nella fattispecie di “dolo eventuale”.
Ora invece pensiamo alla stessa dinamica, il tizio corre nella stessa strada ma è convinto che la sua abilità di guidatore possa evitargli di commettere un incidente mortale, ci troviamo davanti ad un “dolo eventuale”? No, ad una “colpa cosciente”. In questo caso, il guidatore non contempla proprio la possibilità che possa accadere un incidente.
Sembrerebbe allora che la differenza tra i due reati sia relegata esclusivamente al pensiero interno del guidatore.
No, può sembrare ma non lo è.
La fattispecie criminosa, se si tratta cioè di dolo o colpa, deve essere accertata tenendo conto delle tracce, delle risultanze investigative, delle testimonianze.
Sempre tornando al nostro caso in questione, la Corte di Cassazione evidenzia che Antonio Ciontoli, come “militare appartenente alla Marina militare e successivamente distaccato ai Servizi segreti, detentore di armi da fuoco e autore dello sparo, ha gestito in maniera autoritaria l’incidente e ha da subito minimizzato l’accaduto, tentando di rassicurare i familiari con spiegazioni poco credibili”.
Inoltre sottolinea di quando raccontò ai soccorritori che Marco si era bucato con un pettine ed inoltre: «si adoperò, con il fattivo aiuto dei suoi familiari, per cancellare le tracce della condotta: fece nascondere le armi, le cartucce e il bossolo del proiettile sparato».
Si adoperò per «cancellare le tracce di sangue, a lavare il bagno, spostando dal luogo del ferimento Vannini, nonché a rivestirlo con indumenti non suoi».
Questa ultima parte è la risultanza investigativa che fa configurare il “dolo eventuale”. La discriminante non è il pensiero di Ciontoli, ma le risultanze investigative, le tracce trovate (per esempio in questo caso: bossolo, pistola occultata, tracce di sangue pulite ecc…).
Questo è uno dei rari casi in cui la configurazione del “dolo eventuale” non avviene nell’azione principale (lo sparo), ma nelle fasi successive.
Proprio le azioni successive, riconducibili ad un vero e proprio depistaggio, hanno dato un valore doloso alla fase antecedente.
Non possiamo tornare indietro con il tempo, avremmo voluto.
Ma se fosse stato possibile, cosa sarebbe potuto accadere?
Un colpo esploso per errore, i soccorsi chiamati nell’immediato, l’arrivo di Marco in ospedale, un intervento chirurgico, una denuncia a carico di Ciontoli per lesioni gravi, una condanna a circa 6 mesi, un’azione disciplinare, una sospensione temporanea, un ragazzo che continuava a ridere.