È capitato ad ognuno di noi di scontrarsi con una personalità apparentemente forte, dura, che lascia poco spazio ad emozioni, con cui la condivisione avviene solamente per argomenti “neutri” e non appena si tenta di scendere nel particolare avviene l’immediata chiusura.
Uno spunto di riflessione scaturito da un vissuto legato ad un fatto di vita quotidiana.
Ebbene, le personalità empatiche che entrano in contatto con persone con queste caratteristiche, si sentono “urtate” e dopo un primo “rimanerci male” solitamente tendono ad emarginare l’altro. Sicuramente la flessibilità mentale legata al “lasciamo che resti solo/a nella convinzione di essere il/la migliore”, consente allo sfortunato malcapitato di giustificare l’altro e relegarlo al ruolo che gli/le compete senza pretendere oltre.
“Quando voglio una cosa me la prendo!”
La vignetta appena descritta sarà sicuramente familiare per molti di noi, ma cosa si nasconde dietro all’apparente sicurezza? Dietro alla chiusura relazionale e affettiva? Di sicuro fragilità.
Le persone narcisistiche possono essere eccitate da una situazione competitiva. La credenza “devo essere migliore degli altri” è attivata dall’urgenza di dimostrare la loro superiorità e tutto ruota attorno al ruolo che rivestono e in cui si identificano. Accanto ad idee grandiose di sé che nutrono l’illusoria convinzione di meritare un trattamento speciale, di avere particolari poteri, talenti unici o di essere brillanti o attraenti, vi è una sensazione di vuoto e apatia, sentimenti di disprezzo, vergogna o invidia e atteggiamenti arroganti e presuntuosi. Questi sentimenti emergono a seguito di una forte frustrazione, legata a mancanza di attenzione da parte dell’altro, attenzione, di cui il narcisista si nutre e il non riceverla equivale a non sentirsi “visto/a”.
Alcuni autori ritengono che il disturbo affondi le sue radici nell’infanzia, in un ambiente familiare che crede nella superiorità del futuro narcisista rinforzandolo in quelle qualità che sostengono l’immagine grandiosa di sé. La frustrazione, legata alla sensazione di non riuscire ad affrontare eventuali difficoltà che inevitabilmente si riscontrano nel corso della vita, diventa insopportabile e difficile da accettare. I propri limiti vengono allora negati e appaiono magicamente negli altri. Ecco che si innesca quel meccanismo per cui l’altro, debole e incapace, viene sminuito e svalutato. Al massimo sfruttato. Il delicato equilibrio “IO Onnipotente/ALTRO incapace” è la formula magica che sostiene l’autostima del narcisista.
Estremizzando, ad un ambiente eccessivamente permissivo che non mette ostacoli e regole al comportamento, il bambino risponderà con la convinzione di essere “onnipotente”.
Tuttavia, in un ambiente familiare che non risponde alle richieste del bambino e in cui vi è difficoltà a interpretare e a regolare le sue emozioni, a comprenderne i desideri, nasce e si rinforza l’idea di poter vivere facendo a meno dell’altro e di poter contare unicamente su sé stessi.
Quando la prepotenza del sintomo si affaccia alla coscienza
Quale che sia il motivo, la personalità narcisistica porta con sé emozioni negative, problematiche legate alla sfera relazionale e si presenta sotto svariate forme tra cui gli attacchi di panico, somatizzazione, depressione dell’umore. L’emergere di questi sintomi è legato alla paura da parte del narcisista, di essere ciò che da sempre teme di poter diventare: difettoso, fallimentare, non all’altezza. L’estremizzazione di questa visione è chiaramente proporzionale al loro timore e così il non riuscire alla perfezione in un compito qualsiasi si trasforma in un essere inutili, incapaci, non meritevoli.
Molto ricca è la letteratura psicoanalitica sul tema e tale approccio ha come obiettivo il raggiungimento del benessere psicologico, relazionale e lavorativo della persona. Il paziente non si presenterà in terapia con atteggiamento prepotentemente grandioso e porterà inevitabilmente con sé quei sintomi che ormai troppo pressanti invadono la sua quotidianità con altrettanta prepotenza. Un ulteriore rischio è di cadere in uno stato di dipendenza da sostanze o alcol come cura immediata ed efficace nel ristabilire illusoriamente uno stato di grandiosità perduto.