Di Siria Renzulli
Siamo a Ronta, Cesena, il 1 settembre 1991. Cristina Golinucci ha 21 anni, ha trascorso la mattinata con la sorella Stefania, ed insieme prendono un caffè con la mamma Marisa Degli Angeli per poi tornare a casa per pranzare, dove ad attenderle c’è anche il papà Giovanni Golinucci.
Cristina nel pomeriggio intorno alle 14:30 avrebbe dovuto incontrare il suo Padre Spirituale, Don Lino Ruscelli, presso il convento dei Frati Cappuccini di Cesena. Con l’avvicinarsi dell’appuntamento, Cristina sale sulla sua Fiat 500 azzurra e si dirige verso la destinazione. “Ciao mamma ci vediamo stasera”. Sarà l’ultima frase detta da Cristina prima di chiudere la porta di casa e sparire nel nulla. L’incontro tra padre Lino e Cristina non avverrà mai, la 500 della ragazza verrà ritrovata nel parcheggio del convento, ma di lei nessuna traccia. Alle 19:30 il primo allarme: la sorella Stefania avvisa mamma Marisa del non rientro di Cristina, decidono quindi di recarsi al convento dove Padre Lino dirà loro di averla aspettata, ma non vedendola arrivare, pensava che la ragazza si fosse dimenticata del loro appuntamento. Il caso fu inizialmente bollato come un allontanamento volontario.
Questa vicenda purtroppo non riguarda solo Cristina, ma riguarda anche un’altra giovane ragazza di Cesena, Chiara Bolognese, scomparsa a 18 anni da Ponte Abbadesse il 7 ottobre 1992, 1 mese e 6 giorni dopo la scomparsa di Cristina. Chiara studiava all’Istituto Tecnico Commerciale (lo stesso istituto in cui studiava Cristina), quel pomeriggio del 7 ottobre era a casa di una sua compagna di classe a fare i compiti. Verso le 18:30 la saluta e si incammina verso la fermata dell’autobus per tornare a casa. Da lì la scomparsa. Il corpo di Chiara viene ritrovato il 30 ottobre nel fiume Savio con indosso solo il reggiseno, ed il caso venne schedato come suicidio. Il corpo di Chiara è stato riesumato il 2 febbraio del 2023. La procura decide di indagare per omicidio solo dopo 30 anni.
Gli inquirenti tengono i fascicoli dei due casi separati, ed in una dichiarazione rilasciata dall’ANSA il 26 ottobre del 1992, affermano che non ci siano fatti violenti dietro la scomparsa di Cristina e Chiara, in quanto viene ritenuta più credibile l’ipotesi di una fuga. Sarà l’Associazione Penelope ad insistere per un collegamento tra i due casi. Ci sarebbe un solo uomo che potrebbe aver fatto del male ad entrambe. Le due ragazze, oltre a frequentare la stessa scuola e gli stessi ambienti ecclesiastici, erano entrambe volontarie per l’associazione AVO, Associazione Volontari Ospedalieri. Per il fondatore e allora Presidente dell’associazione Umberto Gaggi le due ragazze non potevano non conoscersi. Anche nella testimonianza di Don Ettore Ceccarelli, il parroco di Ronta, i casi di Cristina e Chiara sono collegati. Infatti, tra le tante telefonate anonime che giungevano al Convento nel periodo della scomparsa delle ragazze, ve ne è una in particolare, in cui a Don Ettore viene comunicato che Chiara era morta ed il suo corpo era nelle acque del fiume Savio, mentre quello di Cristina era a Roma, nel fiume Tevere.
Torniamo al convento. Il parcheggio del Convento dei Frati Cappuccini di Cesena era un luogo frequentato. Quel 1° settembre del 1992 c’erano diverse persone tra cui un rappresentante che si era fermato lì a prendere un po’ di fresco in attesa che le attività commerciali riaprissero per le 16/16:30 (il quale afferma di aver visto una 500 entrare nel parcheggio), due ragazzini i quali dissero di aver visto un uomo con i capelli lunghi sedere lì nel parchegggio, ed infine un altro uomo in una macchina rossa che aspettava lì la sua amante. Erano circa le 14:35. Di quest’ultimo, gli inquirenti vengono informati da Don Ettore ben 5 anni dopo la scomparsa di Cristina, il testimone aveva taciuto per ovvi motivi. Quel giorno al convento erano presenti 3 frati, la cuoca, Padre Lino, un giardiniere e due ragazzi senza fissa dimora, tra cui Emanul Boke, uno dei tre sospettati principali. Di lui parleremo nel prossimo articolo.