Il passivo-aggressivo dietro all’etichetta.

da | Ott 4, 2021 | Psicologia

Il passivo-aggressivo dietro all’etichetta.

da | Ott 4, 2021 | Psicologia

Partendo dal presupposto che nel “contenitore” con l’etichetta “passivo-aggressivo” rientrano un gran numero di persone, non si è passivo-aggressivi tout court. Un essere umano è molto altro oltre alla diagnosi e mi piace ricordarlo sempre.

Esistono tuttavia alcuni indicatori di massima che consentono di individuare quei tratti che caratterizzano il funzionamento psichico del passivo-aggressivo.

Generalmente queste persone esprimono i loro sentimenti negativi in maniera sottile e indiretta, prediligendo l’azione “boicottante” al confronto verbale. Appare così una incongruenza di fondo tra ciò che dicono e ciò che fanno. L’altro percepirà con il tempo il disagio derivante da tale comportamento e tenderà all’allontanamento. Seppure non immediatamente percepito, l’attacco proveniente dal passivo-aggressivo si paleserà nella relazione con sentimenti di disagio e la sensazione di essere costantemente sotto accusa senza capirne il perché.

Ad esempio, supponiamo che sul posto di lavoro si proponga una strategia da condividere con lo staff. Il soggetto con comportamento passivo-aggressivo che non si trova d’accordo invece di esprimere la propria opinione e proporre strategie alternative, tace dando l’impressione di essere in accordo con il gruppo. Tuttavia, il dissenso non manifestato verbalmente si palesa con comportamenti volti a boicottare intenzionalmente i piani: non rispettano le scadenze, si presentano in ritardo alle riunioni e minano continuamente il lavoro altrui.

Un altro esempio è mettere a tutto volume musica che il nostro coinquilino non ama dopo avergli ricordato per l’ennesima volta di sistemare la cucina senza ottenere risultato. Anziché esprimere il nostro fastidio per la mancanza di collaborazione puntiamo sull’infastidire l’altro intenzionalmente.E così potremmo andare avanti a lungo ritrovando nella quotidianità episodi simili. Del resto a chi non è mai capitato?

Il comportamento disfunzionale è tale se rappresenta una modalità esclusiva di risposta al disagio.

L’importanza viene data non alla tipologia di comportamento messo in atto ma alla frequenza con cui questo si presenta. Se questa è la sola modalità possibile con cui una persona si relaziona allora diremo che è passivo-aggressiva. La passività risiede nel non intervenire in modo diretto esprimendo il dissenso ma di esprimere lo stesso attraverso comportamenti invasivi e lesivi dello spazio e della sensibilità altrui. Quest’ultimo è l’aspetto aggressivo.

Alcuni segnali del comportamento passivo-aggressivo possono essere: frustrazione e ostilità verso le richieste altrui, il ritardo intenzionale nelle scadenze o negli appuntamenti o il commettere errori quando si tratta di richieste provenienti da altri, cinismo, pessimismo, aggressività manifesta, lamentarsi spesso, sentirsi sottovalutati o ingannati…

Il comportamento passivo-aggressivo può essere riscontrato in diversi disturbi mentali, ma non è considerato una condizione di salute mentale distinta, motivo per cui non si può parlare di “disturbo passivo-aggressivo”. Infatti, i tratti caratterizzanti di tale manifestazione comportamentale non sono sufficienti a costituire un quadro clinico di rilevanza tale da potersi ritenere un disturbo a sé stante.

Suvvia, sottigliezze cliniche! Sottigliezze attraverso le quali ci riferiamo al vicino di casa, al collega, al nostro partner…che un tempo erano borderline, poi narcisisti mentre oggi sono passivo-aggressivi e domani chissà…la moda del momento ce lo saprà dire.

Quali reazioni all’attacco?

Ed ecco che l’altro, bersaglio dell’aggressività del primo, dopo un disorientamento iniziale reagisce solitamente con un disinvestimento relazionale, tracciando limiti ben precisi entro i quali l’interazione con il passivo-aggressivo è concessa. Si pensi ad un collega con cui siamo costretti a collaborare, non avendo scelta. L’obiettivo è quello di tutelarsi, di non prestarsi ad essere il bersaglio dell’inadeguatezza altrui. Certo è che occorre una consapevolezza delle dinamiche relazionali che si instaurano e un assetto personale sufficientemente stabile per non rimanere invischiati in questo come in tanti altri schemi relazionali patologici.

Possibili cause del comportamento passivo-aggressivo?

LA causa esatta non esiste. Vorrei tranquillizzarvi (e tranquillizzarmi oserei aggiungere). Tuttavia, sia i fattori biologici che quelli ambientali contribuiscono allo sviluppo e alla manifestazione di comportamenti passivo-aggressivi. Del resto è in ambiente sociale che viviamo sin dalla nascita e come negarne l’influenza. La biologia e la genetica mettono del loro sempre.

I ricercatori ritengono che le persone che mostrano comportamenti passivo-aggressivi inizino a farlo durante l’infanzia. Lo stile genitoriale, le dinamiche familiari e i fattori che si manifestano durante l’infanzia possono contribuire. Il comportamento è anche frutto di apprendimento. Come si impara a scrivere, a disegnare, a giocare, si impara a pensare e a comportarsi. I modelli acquisiscono così grande importanza nella vita di un bambino che diventerà il futuro adulto. L’apprendimento per imitazione ovviamente viene modulato dal carattere, dal temperamento, dalla personalità, dalla genetica e plasma il nostro modo di essere.

Alcool e abuso di sostanze, esperienze traumatiche quali l’abuso, l’abbandono e comportamenti punitivi severi possono ovviamente creare i presupposti per lo sviluppo di tratti passivo-aggressivi. Alcuni disturbi invece rendono la diagnosi più difficoltosa e richiedono una attenta valutazione poiché questi tratti possono manifestarsi in alcune condizioni di salute mentale. Alcune di queste condizioni sono: disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), stress, disturbi d’ansia, depressione, disturbo della condotta, disturbo oppositivo provocatorio, psicosi maniaco-depressiva, disturbo schizotipico di personalità, schizofrenia, abuso di alcol, astinenza da sostanze stupefacenti…

Identificare il comportamento passivo-aggressivo

Un professionista della salute mentale qualificato può aiutarti ad identificare la difficoltà e proporre un intervento finalizzato al ripristino di una condizione psicofisica di benessere senza tuttavia poter fare previsioni in merito a tempistiche o ad esiti certi. Come ho ricordato in molte occasioni, la motivazione e la relazione terapeutica all’interno della quale prende forma il cambiamento sono soggette a complessi processi relazionali consci e inconsci che vedono la diade paziente/analista impegnata in un lavoro di co-costruzione in continuo divenire e proprio per questo non definibile a priori.

Per chi manifesta questo disagio, La rabbia, il risentimento, la scarsa autostima, la frustrazione che accompagnano il soggetto e si manifestano nel comportamento passivo-aggressivo sono “costose” in termini di dispendio di energie mentali. Alcune strategie di coping efficaci possono essere d’aiuto per affrontare nell’immediato la difficoltà, senza tuttavia risolverla definitivamente.

Un passo importante è raggiungere la consapevolezza del proprio comportamento, identificare le possibili ragioni, pensare prima di reagire a situazioni che fanno arrabbiare, imparare ad esprimere i propri sentimenti ed il proprio stato d’animo quando si presentano situazioni alle quali solitamente reagiamo con modalità disfunzionali. Ma tutto ciò non si ottiene in poco tempo. Il cambiamento lo si ottiene attraverso l’impegno e la motivazione e attraverso lo strumento della psicoterapia.

Il cambiamento avviene se veramente si è convinti di volerlo e consapevoli che in alcuni momenti può generare sofferenza ma che questo fa parte del processo. Non sarà l’analista né tantomeno il nostro migliore amico o le persone che ci vogliono bene a cambiare per noi. Siamo certi che sarebbero ben disposte a farlo ma non possono. A noi l’onere e l’onore di operare il nostro cambiamento direi…ma con supporto.

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