Di Giorgia Florissi
Francesco Passalacqua ha 55 anni ed è originario di Scalea, provincia di Cosenza, il suo nome non è ignoto, anzi, dopo tanti anni è tornato a far parlare di sé.
Quando si pensa ad un serial killer nel 90% dei casi si pensa agli Stati Uniti, non ci certo alla Calabria, che è sicuramente più nota per essere una delle capitali della mafia ma di certo non per gli assassini seriali, eppure si è aggiudicato proprio Francesco Passalacqua il nome di “unico serial killer calabrese”.
Passalacqua venne condannato all’ergastolo nel 1997 per aver compiuto quattro omicidi, apparentemente senza motivo. Ma è stato veramente così?
C’è sempre un movente che porta ad uccidere: per l’appagamento di toccare la morte con le proprie mani, per odio, per vendetta, per gelosia, per economici o per soddisfare una perversione.
Soggetti che soffrono di gravi psicopatie accompagnate da ritardo mentale se giungono ad uccidere, niente, se non la morte o la detenzione potrà fermarli. E’ se dopo un periodo di detenzione riescono la loro componente sadica potrebbe riemergere e loro non riuscirebbero di nuovo a fermare l’impulso omicida per giungere di nuovo al loro equilibrio interiore.
Le statistiche prodotte dall’FBI, generalmente considerate le più attendibili vista la loro numerosa casistica, ci rappresenta che nella maggior parte delle volte la vittima è di sesso femminile quando parliamo di serial killer. Raramente si riscontrano vittime di sesso maschile ed adulte ed è proprio questo che caratterizza, invece, Francesco Passalacqua. Visto il tempo trascorso non si può sapere se il motivo del suo odio verso il sesso maschile possa essere ricondotto alla non realizzazione di sé stesso nella sua infanzia che, come concausa, abbia causato una qualche psicopatia.
Da chiarire subito che i soggetti con problemi psicologici che compiono un reato, nella maggior parte dei casi, risultano comunque coscienti e consapevoli delle loro azioni e quindi capaci di “intendere e di volere” e di conseguenza imputabili. Solamente a seguito di una perizia psichiatrica disposata dal Giudice che sarà possibile, eventualmente, escludere l’imputabilità.
Durante la detenzione il comportamento di alcuni di questi soggetti può essere dei migliori, proprio la loro caratteristica di “non socializzazione” spesso gli fa evitare problemi con gli altri detenuti. Mantengono una buona e normale condotta e, spesso, non mostrando alcun sintomo di instabilità mentale, riuscendo a richiedere e in parecchi casi ad ottenere delle agevolazioni come il regime della semilibertà.
Ed alcune volte tornano a colpire con le stesse modalità dei delitti antecedenti.
E questo è proprio quello che è successo con Francesco Passalacqua, entrato in carcere nel 1997 per aver ucciso quattro persone, tutti uomini di età adulta, tra Verbicaro, Scalea e Santa Maria del cedro.
La prima vittima è un uomo di 45 anni, ucciso di notte a Scalea mediante un blocco di cemento che gli ha fracassato la testa mentre dormiva nel suo letto, era il 1992.
Le altre tre vittime sono state uccise nell’arco di un mese nel 1997. Il primo omicidio avviene a Santa Maria del cedro, Salvatore Belmonte, un uomo di 59 anni, agricoltore, il collo schiacciato da un piede forse con l’intento di rubare una pistola. Le ultime due vittime invece vengono uccise a Verbicaro, un pastore di 63 anni, Francesco Picarelli, ucciso con colpi di pistola alla testa. Sembrerebbe essere la stessa pistola rubata in precedenza; e Vito Michele Resia, anche lui pastore di 72 anni, ucciso con colpi di pistola al volto.
Per aver bagnato con il sangue le colline calabresi, Francesco Passalacqua si guadagnò il soprannome di «serial killer della Riviera dei Cedri».
Tre anni fa, nel 2021 per buona condotta gli viene concessa la libertà vigilata dal Tribunale di Sorveglianza di Genova e viene accolto inizialmente da una struttura nella Bassa bolognese, poi in un’altra comunità sempre sull’Appennino bolognese. Di lui si diceva in comunità che avesse un comportamento sempre corretto e che non avesse mai dato motivo di preoccupazioni.
Ma, ancora una volta, torna a colpire. Il suo nome è di nuovo sui giornali per aver tentato di accoltellare senza apparente motivo un agricoltore a Tolé di Vergato, giovedì 4 gennaio 2024.
In base alla ricostruzione dei carabinieri di Vergato e del nucleo investigativo di Bologna, Francesco Passalacqua sembrerebbe essersi addentrato nel giardino dell’abitazione dell’uomo per poi colpirlo con un coltello due volte all’addome e una volta al braccio sinistro. La vittima sarebbe riuscita a sfuggire alla violenza del Passalacqua senza tuttavia poter evitare le coltellate e tirandogli via dal collo una catenina d’oro. Salvato dalla moglie che avrebbe immediatamente allertato i soccorsi, l’uomo viene ricoverato d’urgenza nell’ospedale Maggiore di Bologna. Per lui trenta giorni di prognosi e per fortuna è fuori pericolo.
L’aggressore viene ritrovato poco tempo dopo grazie ad alcune testimonianze che dichiarano di averlo visto aggirarsi in quella zona il giorno dell’aggressione. Incisive le indagini della scientifica che attraverso il ritrovamento della catenina ha potuto estrapolare una formazione pilifera da cui si è risaliti all’identità dell’aggressore, quella di Francesco Passalacqua.
Tra la vittima e l’aggressore non c’è alcun tipo di legame, il movente sembra non esserci, la vittima stessa dichiara di non conoscerlo né di averlo mai visto prima. Tanto quanto la vittima anche il colpevole sembra essere sconcertato dalle sue stesse azioni al punto da dichiarare di non ricordare la dinamica dei fatti.
Un ennesimo tentativo di rapina? Francesco Passalacqua si trova ora in carcere accusato oltre che di tentato omicidio anche di porto abusivo di armi e violazione di domicilio.