Il disturbo da accumulo

da | Apr 10, 2023 | Psicologia

Il disturbo da accumulo

da | Apr 10, 2023 | Psicologia

Intervista al quotidiano.net della giornalista Cristina Mariani del 5 Aprile 2023. 

Integralmente tratto da: accumulatori-seriali-chi-sono-e-come-riconoscerli-ufz4e6l5

Accumulatori seriali, chi sono e come riconoscerli

Intervista a Valentina Marsella, psicologa clinica e criminologa

Accumulatori seriali. Un fenomeno sempre più diffuso e che si tende spesso a confinare nell’ambito delle nevrosi. Nell’opinione pubblica, infatti, può formarsi il giudizio che un accumulatore seriale sia semplicemente qualcuno “fissato” con la conservazione di oggetti. In realtà si tratta di una vera emergenza sociale. Tant’è che sempre più programmi televisivi ne stanno trattando. Anche Chi l’ha visto?, noto programma di Raitre condotto da Federica Sciarelli, se ne sta occupando da tempo. Valentina Marsella, psicologa clinica e criminologa ci aiuta a far luce su questo fenomeno.

Dottoressa Marsella, chi sono gli accumulatori seriali?

“Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali li inserisce nella categoria del disturbo ossessivo compulsivo. Qualcuno si può definire accumulatore quando ha una diagnosi da disturbo da accumulo. Quindi non si tratta di un soggetto che per un tempo breve ammucchia qualcosa, ma si tratta di chi riduce il proprio spazio vitale per accumulare oggetti. Una delle frasi più comuni con cui un accumulatore motiva la propria tendenza a tenere certi oggetti è “Perché potrebbero sempre tornare utili”.

Quali sono le caratteristiche dell’accumulo?

“Difficoltà a separarsi da quegli oggetti che per chi li vede dall’esterno e quindi con un altro punto di vista potrebbero essere inutili, indipendentemente dal valore reale, e continua tendenza ad acquisirne altri. Gli oggetti possono essere di ogni tipo, non devono per forza avere un valore economico. Inoltre, si riscontra una differenza fondamentale con il collezionismo: la disorganizzazione. Gli oggetti accumulati non hanno un ordine, quelli collezionati sì”.

Come si può capire di avere a che fare con un accumulatore?

“Un accumulatore non si riconosce mentre passeggia per strada. Il disturbo si vede all’interno dell’abitazione. Alcune zone della casa di un accumulatore sono inutilizzabili perché sono occupate dagli oggetti. Spesso si tratta di documenti, giornali, corrispondenza: il soggetto ha paura di potersi perdere qualcosa. Può capitare però anche con oggetti di valore”.

La pandemia ha inciso sullo sviluppo del disturbo di accumulo?

“Durante la pandemia da Covid, alcune patologie che erano latenti e gestibili sono emerse in modo più evidente. Il disturbo da accumulo è qualcosa che piano piano va strutturandosi, non compare dal niente. Dietro ci sono solitamente caratteri d’ansia e di depressione. L’opposto dell’accumulo è il giocatore compulsivo. Nella medesima area del cervello è stata osservata una riduzione della connettività neurale per il giocatore, un aumento invece per l’accumulatore”.

Cosa deve fare chi pensa di avere a che fare con un accumulatore?

“Niente. Non si può fare niente se la persona non è consapevole di avere un disturbo. E questo vale per tutti i disturbi. Se si è in particolare confidenza con l’accumulatore, si può provare a sensibilizzarlo sul fatto che la situazione è cambiata rispetto a prima dell’inizio dell’accumulo”.

L’articolo si conclude con una domanda alla quale non avrei potuto rispondere diversamente: cosa deve fare chi pensa di avere a che fare con un accumulatore seriale? La consapevolezza del disturbo consente alla persona di valutare la possibilità di prendersi in carico e richiedere un sostegno. L’egosintonia invece, e cioè l’aderenza del disturbo alla personalità del soggetto senza che egli ne sia consapevole poiché in linea con l’idea di sé e congruente con l’immagine che ha sviluppato di sé stesso, ostacola, quantomeno in maniera diretta, la richiesta di aiuto.

Amici, parenti, conoscenti potranno sensibilizzare la persona inducendola a “leggere” quel dato comportamento in maniera critica evidenziandone la disfuzionalità. Un primo colloquio con uno psicoterapeuta potrebbe costituire un aggancio ed gettare le basi per una riflessione e forse l’inizio di un lavoro strutturato e di presa in carico per una psicoterapia.

 

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