Quando si parla di bisogni criminogenici in tema di violenza sessuale, occorre operare una distinzione a monte tra carriera criminale eterogenea e carriera criminale specifica.
Ma cosa sono innanzi tutto i bisogni criminogenici?
I bisogni criminogenici sono fattori di rischio psicologici dinamici, per la loro modificabilità attraverso un adeguato trattamento, dimensionali, nel senso che sono valutabili lungo un continuum che va da un basso livello di rischio ad uno elevato, psicologici, in quanto appartengono all’individuo, alle condizioni psico-sociali e psicopatologiche se presenti, che agiscono da spinta all’azione delittuosa e ne sostengono la persistenza nel tempo (Andrews, Bonta, 2010; Bonta, 2002; Bonta, Andrews, 2017; Bonta, Wormith, 2007).
La carriera criminale eterogenea è caratterizzata da una sistematizzazione di reati di tipo antisociale che seguono un crescendo in termini di gravità dell’offesa arrecata iniziando da reati meno gravi per giungere gradualmente a reati di sempre più grave entità. La violenza sessuale è il reato che si trova all’apice della carriera criminale che vede coinvolti gli aggressori sessuali.
Vi sono poi coloro i quali manifestano un comportamento criminale specializzato e non quindi eterogeneo. Sono i cosiddetti “sex offenders”, i quali spinti da bisogni criminogenici specifici commettono reati di natura sessuale. Tali bisogni si palesano in condotte sessuali devianti, chiaramente eterodirette e violente. Possono essere di tipo hands-off senza contatto diretto della persona offesa, oppure hands-on, con contatto diretto della persona offesa.
Nella categoria degli “hands-off” troviamo ad esempio, l’esibizionismo, il feticismo, le telefonate oscene, il voyeurismo. Sono persone per le quali il sesso costituisce un’ossessione e non per questo è legittimo escluderne a priori la pericolosità. Le fantasie sessuali di questi sex offenders corrispondono a quei bisogni criminogenici ad alto rischio per la messa in atto di violenza sessuale. Si tratta generalmente di immagini mentali ricorrenti che coinvolgono scenari gratificanti anche se distorti (Bartels e Gannon 2011).
Dalla fantasia al passaggio all’atto la discriminante sarebbe costituita dalla valenza positiva con la quale il soggetto giudica la fantasia stessa. Pertanto se l’eccitamento sessuale nasce da una fantasia che l’aggressore sessuale giudica positiva, il rischio di passaggio all’atto abusante potrebbe essere molto elevato mentre il contrario consentirebbe all’aggressore sessuale di evitare l’agito.
Così, la fantasia violenta e sessualmente eccitante se investita da sentimenti negativi genera quella dissonanza cognitiva nell’aggressore che lo frenerebbe dal mettere in atto il comportamento abusante.
Tornando alle tipologie di carriere devianti, la distinzione tra di esse non ha una valenza giudicante o non costituisce un metro di misura della “colpevolezza”, che lasceremo di pertinenza del procedimento penale. Essa è tuttavia di fondamentale importanza quando si tratta di dover garantire un intervento trattamentale e riabilitativo il più possibile adeguati ed effettivamente supportati da rilevanza scientifica.
È evidente che la sola risposta punitiva garantita dalla reclusione tout court non sarebbe sufficiente alla rieducazione del reo. Un elemento di grande rilievo nel processo di rieducazione e riabilitazione è la promozione di una responsabilizzazione attiva del reo in generale, dell’aggressore sessuale nello specifico, che porti progressivamente all’estinzione del comportamento criminale.
È a questo punto che entrano in gioco i bisogni di rispondenza.
La responsività indica la modalità con cui programmi trattamentali e di reinserimento sociale dovrebbero essere organizzati per plasmarsi alle caratteristiche di personalità, emotive, cognitive e socioculturali del soggetto tenendo conto dei fattori protettivi di cui dispone.
Tali fattori costituiscono delle risorse che il soggetto mette in campo e che gli consentono di migliorare la sua risposta ad alcuni pericoli dell’ambiente che lo circonda. Gli consentono di attutire l’impatto degli agenti stressogeni, potenziano le capacità di coping e favoriscono le capacità di adattamento. Nello studio delle carriere devianti, i fattori protettivi sono tanto importanti quanto i fattori di rischio. Essi rappresentano preziosi strumenti in dotazione al soggetto che hanno la stessa valenza di un paracadute per un appassionato di lanci. Attutiscono la caduta e in alcuni casi evitano il peggio.
I fattori protettivi si suddividono in individuali, familiari, extrafamiliari. I primi sono ad esempio una buona autostima, competenze sociali, successo scolastico, i secondi riguardano un attaccamento sicuro con il proprio caregiver, relazioni intrafamiliari positive, buone capacità comunicative e chiarezza nella distinzione dei ruoli. Infine, gli ultimi si riferiscono alla rete sociale del soggetto, alle relazioni amicali positive, alla capacità di instaurare relazioni stabili e durature. Fare di questi fattori un punto di forza degli interventi trattamentali ne consentirebbe il potenziamento rendendo stabile le fondamenta su cui impiantare l’intervento.
Ma la questione che più genera curiosità e interrogativi riguarda la pratica clinica in ambiente carcerario e l’effettiva rispondenza di programmi trattamentali rivolti ai sex offenders. Da qui avrei dovuto cominciare….