Erastus Hudson ed il rapimento Lindbergh

da | Mag 11, 2021 | News

Erastus Hudson ed il rapimento Lindbergh

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Il figlio del trasvolatore Charles Lindbergh, il grande aviatore che per primo attraversò l’oceano Atlantico da New York a Parigi, venne rapito il 1 marzo 1932.

Il rapimento

Il piccolo bambino di 20 mesi venne prelevato nella culla della propria cameretta posta al primo piano da un individuo che entrò dalla finestra utilizzando una scala artigianale. Quella sera il padre sentì dei rumori provenienti dalla stanza del bambino ma non dette loro troppa importanza, alle ore 22 circa la governante rientrando nella stanza del piccolo scopri la sua assenza, la culla era vuota.

L’ignoto rapitore aveva lasciato una busta sul davanzale con all’interno una richiesta di riscatto della cifra di 50.000 dollari e l’avvertimento di non contattare la polizia. Nel biglietto, in fondo alla richiesta, un piccolo disegno formato da 3 fori ed una parentesi tonda con la nota, da parte del rapitore, che tutti i successivi messaggi che sarebbero stati inviati potevano essere identificati da quel simbolo.

Successivamente venne trovata una scala a pioli in legno rotta in 3 parti dietro un cespuglio. Le poche tracce presenti, varie di calpestio ed una di pneumatico, vennero totalmente cancellate dai curiosi e dai poliziotti accorsi sulla scena.

Il maestro elementare John Condon scrisse una lettera ad un giornale locale offrendo 1000 dollari per la liberazione del bambino. Da quel momento il rapitore, od i rapitori, lo utilizzò come destinatario dei contatti con la famiglia Lindbergh inviandogli anche parti del pigiama del bambino come prova del rapimento. Non fu mai chiara del tutto la figura di Condon nonostante che fu approfondita ed attenzionata dalla Polizia che non giunse mai ad accertare un suo eventuale coinvolgimento diretto del rapimento.

Il pagamento del riscatto

Il riscatto venne formato da soli certificati aurei, un tipo di banconota che scomparì di lì a qualche anno e di conseguenza facilmente tracciabile. Lo scambio avvenne in un cimitero dove Condon portò il denaro. Il rapitore, in cambio, gli diede un biglietto con scritto dove era tenuto il piccolo, una barca chiamata Nelly, ormeggiata nel Massachusetts. Notizia che risultò falsa.

I resti del corpicino del povero bambino vennero infatti trovati, poco più di due mesi dal rapimento, in un boschetto a circa 7 chilometri dalla tenuta Lindbergh. Venne ipotizzato che la scala si fosse spezzata durante la discesa del rapitore ed il piccolo fosse deceduto per la caduta.

Iniziarono a giungere le segnalazioni delle banconote utilizzate per il riscatto che erano tutte contrassegnate. Provenivano dalla zona di New York. Nel settembre del 1934 accadde il colpo di fortuna che gli investigatori aspettavano, una banconota giunta ad un istituto di credito riportava scritto a matita il numero di targa di un autoveicolo: “4U-13-41-N.Y.”

Si riuscì a risalire al benzinaio che aveva depositato la banconota, affermò di aver scritto il numero di targa per il timore che la banconota fosse falsa.

A chi apparteneva l’automobile berlina Dodge di colore blu che aveva quella targa?

Era di proprietà di Bruno Hauptmann un immigrato tedesco con precedenti penali. La perquisizione nella sua abitazione portò al ritrovamento di circa 14.000 dollari provenienti dal riscatto.

Gli esperti forensi della Polizia del New Jersey non riuscirono a trovare un solo frammento di impronta digitale e nonostante ebbero utilizzato ogni tecnica in loro possesso, non ottennero nulla dalla superfice legnosa (quindi porosa) della scala. Il 3 marzo, il giudice della Corte Suprema del New Jersey, James Minturn, contattò un uomo del North Country che affermava di poter compiere quel miracolo, Erastus Mead Hudson. Hudson era laureato in scienze con specializzazioni in batteriologia e chimica ed aveva sperimentato una formula a base di nitrato d’argento.

Il risultato fu clamoroso, Hudson evidenziò ben 500 frammenti di impronte digitali ed alcuni di essi erano utili per i successivi confronti dattiloscopici.

Come fu possibile?

“Mi sono interessato all’argomento per la prima volta nel 1917, quando ero in marina”, disse Hudson, dove acquisì molta esperienza rilevando le impronte digitali degli aspiranti marinai. Anni dopo, prendendo spunto da alcuni studi francesi che utilizzavano il nitrato d’argento, iniziò la sperimentazione ed il perfezionamento del metodo. Sulle superfici di legno, come la scala in questione, divenne una routine per lui recuperare impronte latenti vecchie anche di sei-otto mesi.

Alcune delle impronte rilevate furono attribuite a persone note (tra cui degli investigatori) ma non vi era nessun frammento riconducibile ad Hauptmann.

Hudson non accettò questo risultato, se le impronte di Hauptmann non erano presenti sulla scala significava che non era stato lui a costruirla ed utilizzarla, accusò anche la Polizia di non voler divulgare questa notizia ed infine divenne, praticamente, un testimone a favore della difesa.

Un duro colpo per l’accusa ed una vittoria per la difesa? Non proprio, Hudson riuscì a rovinare tutto.

La comparazione “botanica”

Arthur Koehler, un esperto di legno presso il Dipartimento forestale degli Stati Uniti, dimostrò che la parte di tavola utilizzata per costruire la scala rinvenuta, il reperto “Rail #16”, era stata segata da una tavola più lunga inchiodata alle travi nell’attico di Hauptmann. Koehler lo desunse da tre elementi: gli anelli di crescita sul Rail #16 corrispondevano agli anelli di crescita della tavola prelevata dalla soffitta; una pialla rinvenuta nel garage di Hauptmann produceva segni simili a quelli presenti sul reperto in questione ed infine sul reperto vi erano quattro fori per chiodi quadrati corrispondenti a quattro fori presenti nelle travi della soffitta.

Hudson perse di credibilità

Hudson, avrebbe dovuto riferire esclusivamente delle impronte digitali. Nel controinterrogatorio iniziò ad ipotizzare che Hauptmann non fosse mai salito su quella scala e che il non aver trovato impronte digitali sulla finestra indicava che la governante non avesse raccontato la verità e che fosse implicata nel rapimento. Poi passò a criticare il lavoro di Koehler, affermando che quando aveva compiuto gli accertamenti tecnici il reperto “Rail # 16” non presentava i quattro fori descritti ma solamente uno e che quindi erano stati aggiunti in seguito. All’inizio la credibilità di Hudson portò molti a chiedersi se i buchi fossero stati aggiunti per rafforzare l’accusa contro Hauptmann. Il lungo controinterrogatorio portò invece a screditare totalmente Hudson, l’accusa dimostrò, tramite fotografie scattate prima degli accertamenti, che i 4 fori erano presenti e poi, tornando alle impronte digitali, che sarebbe bastato che Hauptmann avesse indossato un paio di guanti per rendere vani i tentativi di ricerca delle impronte.

Come finì

Hauptmann venne infine giudicato colpevole e condannato a morte.

Non ammise mai le sue responsabilità nemmeno con la promessa di commutare la pena di morte ad ergastolo.

Venne giustiziato il 3 aprile 1936 mediante sedia elettrica.

La colpa principale si ritiene che debba essere attribuita alla difesa di Hauptmann. L’indagine vacillava su diversi aspetti, non ultimo la condotta della polizia che aveva brutalmente picchiato il tedesco. La dinamica dei fatti avrebbe poi suggerito che il rapimento non potesse essere compiuto da una sola persona ma non vennero mai cercati gli eventuali complici.

La difesa avrebbe dovuto accontentarsi del piccolo vantaggio relativo alla mancanza di impronte del loro assistito sulla scala e non fomentare Hudson al fine di screditare il lavoro di Koehler. Se si fosse accontentata del piccolo vantaggio e non avesse proseguito si sarebbero generati dubbi nella corte e forse avrebbe evitato la pena capitale al loro assistito.

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