E’ di questi giorni la notizia che uno spacciatore di stupefacenti, steroidi vietati ed anabolizzanti è stato condannato il 21 maggio a 13 anni di reclusione. Fino a qui non sembra una notizia particolarmente originale e tali condanne sono all’ordine del giorno, più interessante è invece come si è giunti ad identificarlo.
Iniziamo con il dire che il tizio, il cui nome è Carl Stewart di 39 anni, residente a Vauxhall (Liverpool), era uno degli utilizzatori del sistema di messaggistica crittografata EncroChat (dal nome della società che fornisce il servizio).
Questo sistema di messaggistica, a cui si accede con un abbonamento al costo di 1500 euro per 6 mesi, è abbastanza diffuso nella criminalità internazionale.
I messaggi inviati tramite app venivano instradati attraverso i server della EncroChat, sparsi per il mondo, una volta inviati venivano (il sistema è stato bloccato nel 2020) cancellati dal server in maniera definitiva. I telefoni utilizzati per questa applicazione avevano delle opzioni veramente da 007. Nonostante sembrassero dei normali cellulari, il sistema operativo commerciale ne nascondeva uno criptato, utilizzato per le comunicazioni riservate. In caso di emergenza bastava semplicemente inserire un pin per cancellare definitivamente ed in maniera irreversibile tutta la memoria.
Ma torniamo a Stewart, la polizia inglese nella sua operazione denominata “Venetic”, in collaborazione con le altre forze di polizia europee, era riuscita a violare il servizio “EncroChat”. Questo le permise di leggere i messaggi presenti, che comunque provenivano da nick non abbinati a persone conosciute.
Sempre secondo quanto riportato dalla polizia del Marseyside sui social, il passo falso è stato compiuto da Stewart per colpa del suo amore per il formaggio Stilton.
L’utente con il nick Toffeeforce infatti aveva postato nell’app una fotografia dove sorreggeva il formaggio.
Gli investigatori analizzarono la fotografia e riuscirono ad analizzare le impronte digitali della mano che teneva quel formaggio. Le impronte appartenevano ad un pregiudicato, Carl Stewart, e quindi era suo il nick Toffeeforce.
Da lì alla cattura ed alla successiva condanna il passo è stato breve.
Il Dipartimento di polizia di Marseyside che ha svolto le indagini twittò il 21 maggio:
“Il palmo e le impronte digitali sono state analizzate da questa foto ed è stato stabilito che appartenevano a Stewart a cui è stata inflitta una condanna a 13 anni e sei mesi. Questo dovrebbe servire da duro avvertimento a chiunque sia coinvolto con la criminalità. La polizia del Merseyside, insieme alle forze dell’ordine di tutto il mondo, non lascerà nulla di intentato nella ricerca di quelle persone che pensano di essere al di sopra della legge e continueremo a prendere di mira chiunque sia coinvolto nella criminalità organizzata.’
Fin qui tutto sembra perfetto e vanno fatti i complimenti alla polizia del Merseyside, una contea della città metropolitana di Liverpool, ma siamo sicuri che sia andata proprio così?
Riuscire ad identificare una persona con le impronte digitali estratte dalla foto della sua mano, non appositamente scattata, è al limite dell’impossibile. Due sono le problematiche, la posizione delle dita e la definizione dello scatto.
Perché questo sia possibile il piano di ripresa (la zona ritraente i polpastrelli) deve essere parallelo al piano della fotocamera, in questo caso al cellulare utilizzato.
Per quanto riguarda la definizione, la compressione utilizzata dai telefoni cellulari, anche se di buona qualità, permette in generale di visualizzare le linee delle impronte ma non le “minuzie”.
Le minuzie o punti sono gli elementi che permettono la ricerca nei sistemi informatici quali l’A.F.I.S. (Automated Fingerprint Identification System, il “Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte”) e senza di essi è praticamente impossibile effettuare la ricerca e la successiva comparazione.
E nella foto in questione i punti non si vedono.
Cosa sia in realtà avvenuto non lo sapremo mai, potremmo supporre che il vero nome appartenente al nick Toffeeforce sia stato fornito da qualcuno che voleva rimanere anonimo e che quindi sia stato escogitata questa storia per non rivelare la “soffiata”. O non possiamo escludere che lo stesso Stewart sia diventato un “informatore” (sperando in benefici riguardo la pena da scontare) ed abbiano creato questa storia per giustificarne la sua cattura. Comprensibile.
Effettivamente poi non tornano altre cose, come la fotografia dove il formaggio viene tenuto in modo innaturale, quasi da equilibrista, ed infine che una caratteristica dei telefoni utilizzati per l’app Encrochat è che devono essere privati di videocamera, microfono e GPS. E quindi la fotografia com’è stata scattata?
D’altronde questa storia ha sicuramente dei buchi… come la groviera.