Cos’è una risata?

da | Set 23, 2021 | Psicologia

Cos’è una risata?

da | Set 23, 2021 | Psicologia

Quando ridiamo, alcuni muscoli danno al nostro viso l’espressione dell’ilarità e altri. legati all’apparato respiratorio, producono scosse caratteristiche. Il rilassamento dei muscoli della laringe produce vari suoni durante l’espirazione, quello dei muscoli delle braccia e delle gambe porta ad una diminuzione del tono muscolare. Infine, sono coinvolte le muscolature lisce del sistema vegetativo: i bronchi si dilatano permettendo a più aria di entrare nei polmoni, la vasodilatazione abbassa la pressione sanguigna e produce i caratteristici arrossamenti del viso; le lacrime scendono e la contrazione della vescica…. può causare alcuni incidenti ben noti. Insomma, la risata, per quanto affare piacevolissimo, è cosa assai complessa. E abbiamo ancora lasciato da parte gli aspetti psicologici…

Secondo ricerche attuali, la risata è coordinata da un centro nervoso ben preciso e costituito da un insieme di cellule nervose situate nel tronco cerebrale, appena sotto gli emisferi cerebrali, nella parte posteriore dei peduncoli e della protrusione anulare. Questo centro di coordinamento è collegato a complesse reti neurali del tronco cerebrale: la formazione reticolata e la materia grigia periacqueduttale, che distribuiscono impulsi nervosi alle cellule motorie del midollo spinale e ai centri vegetativi.

Questo quadro complesso di cui poco ci curiamo quando ridiamo, rivela un fatto sorprendente: i neuroni che modulano l’espressione della risata si trovano in una porzione cruciale del cervello, che regola tutte le principali funzioni vitali, che si tratti di respirazione, battito cardiaco o pressione sanguigna. Ma ciò che rende la risata un’attività sociale, legata a situazioni della vita quotidiana o a momenti di complicità in cui lo scherzo funge da collante sociale, è il fatto che questi centri nervosi sono collegati ad aree specifiche del cervello che sono deputate tra le altre funzioni a “valutare” la situazione ambientale in cui ci troviamo in un dato momento e a decidere se la risata è reazione appropriata o meno. Questo ruolo è assegnato principalmente ai lobi frontali.

Il guardiano del buon umore.

Per innescarsi, la risata richiede una stimolazione esterna come quella uditiva (uno scherzo), visiva (assistere ad una scena divertente) o sensoriale (il solletico). Le informazioni nervose create da questi stimoli vengono trasportate attraverso le vie sensoriali ai lobi frontali. Ecco un aspetto decisivo: il lobo frontale destro è il più sensibile all’umorismo, al paradosso e alla metafora, molto più della sua controparte sinistra. Svolge un ruolo di filtro, cioè regola la risposta appropriata, che può essere l’ilarità, ma sempre tenendo conto del contesto circostante e di quanto la risata sia la risposta adatta al contesto in cui si presenta.

Questo spiega perché non sempre reagiamo allo stesso modo alla natura comica di una situazione. La valutazione è soggettiva, seppure mediata dal sistema nervoso. Più o meno consapevolmente, ridiamo quando è socialmente accettabile ridere: una battuta sarà giudicata dallo stesso individuo idonea se avviene ad esempio mentre assiste ad uno spettacolo comico, o al contrario inopportuna e decisamente fuori luogo se viene raccontata durante una funzione funebre.

Si ride con “permesso”.

I neuroni del lobo prefrontale esercitano, per la maggior parte del tempo, un’azione inibitoria sui “centri” della risata.

Questo è il motivo per cui il nostro stato “di default” quando compiamo azioni di routine o siamo a riposo, non è la risata. Ma se il lobo frontale “decide” che una situazione è divertente, ritira l’inibizione sulle aree di elaborazione delle emozioni (che per comodità sono rappresentate dal sistema sistema limbico) e sui centri del tronco cerebrale che coordinano la risata. Il sistema limbico viene quindi attivato, provocando un’emozione positiva la cui intensità si ripercuote sull’intensità della risata. Il tutto accompagnato da un senso di benessere generalizzato.

Si attiva contestualmente il centro di coordinamento della risata, con tutte quelle manifestazioni fisiche che abbiamo già visto qualche riga fa: piccole grida, contrazioni dei muscoli facciali, iperventilazione, movimenti degli arti.

Nel caso di un paziente con il lobo frontale destro danneggiato, la lesione aveva interrotto significativamente il suo ruolo naturale di filtro inibitorio. Pertanto, qualsiasi situazione e qualsiasi stimolazione venivano considerate irresistibilmente divertenti. Altre patologie producono un effetto simile causando uno spiacevole “slittamento” tra la situazione in cui la persona si trova e la corrispondente reazione adeguata. Si tratta generalmente di patologie di grande importanza clinica come tumori o degenerazioni del sistema nervoso, come ad esempio nel caso delle demenze frontotemporali. Situazioni di tale portata vanno inevitabilmente ad “intaccare” la funzione sociale della risata causando fraintendimenti e incomprensioni e favorendo così l’isolamento sociale di chi ne è affetto.

Il gas esilarante spesso usato per ridurre al minimo l’inconveniente di procedure mediche o invasive causa anch’esso situazioni di “risata” non appropriate, così come alcuni farmaci utilizzati per il medesimo scopo. Questo gas fornisce una sensazione di euforia andando ad agire sui lobi frontali, e “sollevando” così l’inibizione degli stessi. In altri pazienti invece, potrebbe essere un attacco epilettico ad eccitare i neuroni dell’ipotalamo, producendo così risate senza motivo. La sensazione di piacere che ne deriva si presenta in tutte le situazioni elencate.

Insomma una potente arma sociale il cui controllo è affidato esclusivamente al lobo frontale!

Il caso di Maurice, il nostro paziente con lesione del lobo frontale, fa riflettere. Infatti, mentre la risata può essere considerata un cemento sociale che crea un’atmosfera di calda condivisione in una comunità, ridere di tutto o ridere quando è inappropriato farlo, non garantisce gli stessi benefici. Lungi dal mettere i suoi interlocutori a proprio agio o coinvolgerli nel proprio buon umore, il paziente con “risate patologiche” mette a disagio il suo entourage, spesso ottenendo l’allontanamento da parte degli altri inconsapevoli.

Ciò che ci spinge ad allontanarci probabilmente è la nostra risposta empatica ad un comportamento che giudichiamo socialmente non adeguato, un comportamento al quale non sappiamo dare una spiegazione che “bypassa” l’interpretazione della massa. Ecco, forse qualcosa perdiamo, forse dietro ad una risata inspiegabile c’è molto di più di una reazione a catena, di comunicazione neurale, contrazioni muscolari e piacere generalizzato. C’è un complesso mondo di emozioni e non è mai troppo tardi per esercitarci ad ascoltarle.

Una persona la si capisce dalla sua risata.

(Fëdor Dostoevskij)

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