Nella sala del Grand Hotel Villa d’Este, dove le sfilate dell’alta moda milanese sono apperna terminate, si ode un colpo di rivoltella. Un uomo cade al suolo portandosi le mani al petto ed “emettendo un rantolo simile a una risata sempre più gutturale che finì in un grido di animale ferito, mentre si contorceva disteso al centro della sala“. La moglie dell’uomo si girò, non sapeva e curiosa disse “cosa succede, cosa succede‘?”. Dalla tavola accanto qualcuno disse che era uno scherzo di cattivo gusto. Altri dissero “non è niente, non è niente!”. La moglie disse “ma sì, è successo qualche cosa!” e sbucò tra la folla sul marito morente.
Aveva sparato una donna. Vestita in bianco con cappa di ermellino bianco. Ora teneva la pistola sopra la testa, “non spara più, non spara più!“, urlava, perché avrebbe voluto uccidersi ma l’arma non collaborava. Un uomo in smoking la prese a schiaffi. La signora Tremolada disse: “Dio mio! Io lo sapevo. Me l’ha detto mentre ballavamo. E dire che, se le avessi creduto, avrei potuto evitarlo!”. Ma chi ci avrebbe creduto?
Già. Chi avrebbe mai creduto che l’annoiata contessa Pia Caroselli in Bellentani, 32 anni, lasciata anzitempo dall’industriale Carlo Sacchi, 45 anni, si sarebbe vendicata uccidendolo davanti a tutti? Abruzzese, la fragile contessa aveva vissuto nell’agio e nella piattezza della vita alla Bellentani, tra ricevimenti, cristallerie, una fabbrica di insaccati e tanta, tanta noia. Forse aveva sognato ingenuamente che la vita dei ricchi sarebbe stata una vita avventurosa, di certo l’aveva risvegliata quell’uomo pratico, pessimista e rozzo che era Carlo Sacchi, specializzato nel passare da un’amante all’altra. L’aveva resa femmina, qualcosa di vivo, palpitante. La Bellentani aveva avuto nuova vita, ma poi con lui era finita e le era parso che la sua stessa vita fosse ormai inutilizzabile. Quella sera aveva messo in borsetta il revolver del conte, suo marito. Il resto fu un omicidio con un solo colpo, davanti a tutto il mondo, plateale come lo era la sua fantasia. Che aveva creduto nel futuro.
Quello che avvenne all’1 e 45 di notte a Villa Cernobbio (Como), il 16 settembre 1948, fu un delitto che fece scalpore. Nel marzo 1952 fu condannata a 10 anni di carcere e 3 di manicomio giudiziario. Uscì presto, con la stessa faccia seria e gli stessi occhi grandi di quella notte a Villa d’Este. Poi, di lei, non si seppe più nulla.