Da qualche anno ormai, le ricerche nel campo delle neuroscienze consentono di spiegare alcuni degli effetti del comportamento umano sul nostro cervello.
E’ la volta degli effetti della violenza fisica sul bambino. Con tale terminologia intendo qualsiasi grado di violenza fisica e psicologica, che da lieve, ma pur sempre di violenza si tratta, corre lungo un continuum verso un livello gravissimo. Dal dizionario Treccani: “percòssa s. f. [der. di percuotere, formato sul part. pass. percosso]. – 1. a. Colpo più o meno violento inferto da una persona a un’altra con le mani, con un bastone o con altro corpo contundente”. Ora che siamo d’accordo sulle definizioni, spostiamo l’attenzione sul cuore del problema. Per le neuroscienze, la violenza fisica, per quanto lieve, non è un buon metodo per educare un bambino. Anzi, si tratta proprio del contrario.
Sono state passate in rassegna diverse ricerche in tal senso, tutte apparse peraltro nella rivista scientifica inglese, The Lancet, e tutte giungono alla medesima conclusione. Le punizioni corporali e la violenza psicologicha non giocano un ruolo decisivo nella prevenzione di comportamenti problematici legati al ciclo di crescita. Anzi, risultano essere deleteri ed incidere in modo negativo sul processo di crescita e sul benessere psicologico del bambino.
Perché?
Ebbene, il cervello di un bambino non è totalmente sviluppato e si trova, in attesa di maturazione, in uno stadio di immaturità che lo rende pertanto fragile. A differenza dell’adulto che ha una soglia di tolleranza allo stress più elevata, nel bambino la fragilità consiste nell’essere maggiormente sensibile ai livelli di stress a cui è sottoposto.
La violenza educativa ordinaria VEO, è la violenza (fisica, psicologica e verbale) usata come pretesto per educare i bambini. Sono punizioni e modi di correggere un comportamento non adeguato che sono generalmente ammessi e tollerati, ma che si trasformano ben presto in minacce, umiliazioni e ricatti affettivi. La tendenza a far ricorso a questo tipo di educazione si spiega con l’adesione ancora oggi alla convinzione che l’educazione “gentile”, quella mediata dalle parole, sia troppo permissiva e che non possa essere compresa dal bambino. Chi non ha mai sentito la frase “vedi con una sculacciata come capisce bene!”.
Nonostante si stia diffondendo da diversi anni ormai una generale “rieducazione” all’educazione, con la promozione di campagne informative di ogni genere dirette a figure genitoriali, ad insegnati e a tutti coloro i quali per motivi ludico-educativi si trovano in contatto con i bambini, la “vecchia” teoria di una educazione fondata sulla sculacciata, sull’insulto e lo schiaffo (nella migliore delle ipotesi) è dura a morire.
Il comportamento violento dell’adulto scatena una reazione neurobiologica: lo stress stimola l’amigdala con un conseguente aumento di cortisolo e adrenalina. Nel bambino, il cortisolo può raggiungere livelli molto elevati. Questi alti livelli di cortisolo, come risposta al comportamento violento dell’adulto, che si protrae nel tempo, risultano “tossici” incidendo sul corretto sviluppo cerebrale del bambino.
Questo spiegherebbe anche reazioni apparentemente inspiegabili da parte del bambino, come ad esempio improvvise “tempeste emotive” o comportamenti impulsivi come menare, mordere o lanciare giocattoli.
E ancora, altri studi hanno dimostrato che l’educazione con l’utilizzo di oggetti che ricordano tempi andati come cinture, mattarelli, mestoli e lasciamo spazio a ricordi legati a generazioni passate, provocano nel tempo una diminuzione del volume di materia grigia della regione prefrontale. Questo si traduce in una diminuzione delle capacità cognitive.
Violenza genera violenza.
A livello comportamentale, la violenza genera violenza. Pertanto, un bambino “educato” con percosse proporrà a sua volta schemi comportamentali identici. Tratti ansiosi e depressivi accompagneranno il tutto.
Questi studi scientifici sfidano abitudini ancestrali e incoraggiano una rivoluzione educativa incentrata sull’ascolto, lo scambio costruttivo e su una comunicazione empatica.
Sottolineano anche la grande responsabilità dei genitori di oggi di fronte a queste scoperte.
Una curiosità:
Una meta-analisi, risalente al 2016, aveva già confermato questi risultati. Ma le tradizioni hanno vita lunga. Negli Stati Uniti, i genitori possono infliggere legalmente punizioni corporali in tutti i 50 stati. In Francia, il Senato ha approvato all’unanimità una legge nel 2019 per vietare la violenza educativa ordinaria contro i bambini. Un ritardo con conseguenze di vasta portata per un paese così sviluppato. Tanto più che le iniziative, che desiderano abolire queste pratiche, esistono già da 30 anni. Sessantadue paesi lo hanno ora vietato, ma rimane poco, poiché solo il 13% dei bambini nel mondo è protetto secondo un rapporto di End Violence Against Children.